La legge bavaglio esiste già – il dramma degli eritrei

E’ un silenzio assordante quello che vuole spezzare l’Unità con la sua denuncia. Nella nostra “amica” Libia, dove Gheddafi e Berlusconi vanno sempre a braccetto, si stanno perdendo le tracce di 300 persone, eritrei fuggiti dalla desolazione e dalle violenze, per approdare nelle stesse condizioni di miseria, cacciati da un paese che non li vuole. Tutti arrestati sulla rotta per l’Italia, chi respinto in mare nell’ultimo anno e chi fermato nelle retate della polizia libica a Tripoli. Ma non è un problema attuale: “Grazie a Fortress Europe sappiamo, ad esempio, del massacro di Benghazi. Attraverso foto scattate con un cellulare, e sfuggite alla censura, Del Grande ha svelato come la polizia libica ha ucciso sei rifugiati somali a Ganfuda. E sempre grazie a Fortress Europe si è saputo che erano eritrei i passeggeri dell’imbarcazione respinta al largo di Lampedusa il primo luglio di un anno fa”

L’”emergenza Lampedusa” così cara ai leghisti e ai partiti di governo, è finita. Ma a quale prezzo? Un prezzo troppo alto: la morte di centinaia di uomini e donne.

I conti sono semplici: dal 2008 al 2009 le domande d’asilo – che per la metà venivano accolte – si sono dimezzate (da 15.000 a 8000). E il calo continua nel 2010. C’è la sicurezza statistica che alcune migliaia di perseguitati non hanno potuto raggiungere le coste italiane e salvarsi. Alcune migliaia di persone. Una briciola rispetto agli ingressi illegali che infatti, via terra, continuano massicci. I respingimenti hanno bloccato solo i disperati che fuggivano da dittature feroci e dalle guerre.

Stiamo assistendo inerti a un crimine contro l’umanità, con gli organi di informazione troppo occupati a preoccuparsi di Brancher e dei dissidi con i finiani. Spezziamo questo silenzio e chiediamo a Berlusconi, in virtù della sua amicizia con il dittatore Gheddafi, di esigere spiegazioni sulla sorte dei rifugiati eritrei. Perchè non si può “semplicemente” sparire, perchè ci si deve ancora indignare, perchè non possiamo tacere di fronte alle violenze.


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