La campagna di “desensibilizzazione” sul nucleare

” Il vero problema del nucleare e’ che l’opinione pubblica non e’ pronta ad accettarlo nei propri territori. Per questo motivo e’ importante fare una “campagna di sensibilizzazione” . Una programmazione lunga, che duri circa un anno”. Queste le parole del premier B, al termine della spedizione in Russia. Un vero e proprio lavaggio del cervello da effettuare attraverso il mezzo più usato(purtroppo)  per lo scambio di  informazioni: la televisione. Non c’è da sottolineare chi controlla i 6 canali che hanno complessivamente  il 90% dell’intero audience televisivo. Sarà una campagna martellante, invasiva, straripante. Chi non crede che il nucleare sia la soluzione ai nostri problemi energetici (e siamo in molti!) dovrà fare la sua campagna di “desensibilizzazione”, rispondendo puntualmente e con la stessa potenza comunicativa ai proclami del Governo. Portare dati concreti e le alternative possibili, per non fermarci al solito ambientalismo del no. Cercare gli esempi virtuosi ( e per fortuna ne abbiamo tanti) e tracciare la nostra road map, basata sul risparmio energetico e su una rete elettrica interattiva e decentrata capace di leggere l’offerta e i bisogni che vengono da ogni punto, creando in ogni momento la migliore sinergia possibile. Dobbiamo anche liberarci dal giogo della Russia che al momento ci fornisce il 30% dell’energia necessaria attraverso la vendita del gas.

Ma vorrei anticipare il Governo sfatando alcuni miti sul nucleare. Chiaramente più esperti coinvolgiamo, più riusciamo ad elaborare risposte elaboratei e precise. Sotto potete leggere alcune domande e risposte prese da Oltreilnucleare, organizzazione che lotta per un’alternativa energetica. Altre seguiranno nei prossimi mesi. La campagna di “desensibilizzazione” è partita:

1. Gli impianti atomici di terza generazione sono più sicuri dei precedenti?


E’ indubbio che i reattori di III generazione siano migliori dei precedenti, così come una nuova auto è generalmente più sicura del vecchio modello rottamato, ma il rischio di incidenti permane. Va segnalato che il giornale inglese “The Independent” sostiene che in caso di incidente morirebbero il doppio delle persone rispetto ad un vecchio reattore poiche’ la quantità di materiali radioattivi presenti nei reattori e’ maggiore.

2. Un terribile incidente come quello di Cernobyl oggi potrebbe ripetersi?

Ovviamente è difficile che accada un incidente simile ma è statisticamente impossibile escludere la possibilità di un incidente grave in una centrale.Ininterrotto è invece lo stillicidio di “piccoli” incidenti: nel 2008 vi sono stati 4 incidenti nelle centrali spagnole (oggi acquisite da Enel) e nel solo mese di luglio sono tre i casi segnalati in Francia (Tricastin e Romans-sur-Isère). Pensiamo a luoghi fortemente urbanizzati come la Pianura Padana

3. La creazione dei quattro reattori ci affrancherà del tutto dalle importazioni di greggio?

E’ falso sostenere, come ha fatto il governo italiano, che il nucleare costituisca una soluzione al problema dell’aumento del costo del petrolio. Vale la pena sottolineare che in Italia la generazione elettrica non utilizza il petrolio come fonte principale: nel 2007 i prodotti petroliferi hanno inciso solo per l’8,2% (20,9 miliardi di kWh), è il gas metano a coprire il 66% della produzione termoelettrica.

4. Le scorie prodotte potranno essere smaltite in maniera definitiva?

Attualmente (dati ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) abbiamo circa 60 mila metri cubi di rifiuti radioattivi (in parte stoccati all’estero ma destinati a rientrare in Italia) e 235 tonnellate di combustibile irraggiato per cui dobbiamo trovare un sito sicuro. Iniziamo a smaltire queste prima di produrne altre! Non esistono oggi soluzioni concrete al problema dei rifiuti radioattivi. Le circa 250 mila tonnellate di rifiuti altamente radioattivi prodotti finora nel mondo sono tutte in attesa di essere conferite in siti di smaltimento definitivi.

5. Nazioni come Francia e Svezia possono rappresentare dei modelli per il nostro Paese?

Ogni paese deve cercare il proprio modello di produzione di energia elettrica basandosi sulle proprie caratteristiche peculiari. La Svezia non ha il nostro clima per cui sarebbe un modello sbagliato, la Francia ha scelto il nucleare per diverse ragioni, non escluso il fatto di avere un arsenale nucleare militare: il nucleare civile è integrato a quello militare poiché le tecnologie sono le stesse.  Ma se vogliamo guardare all’estero possiamo vedere altri esempi che non utilizzano il nucleare: il Portogallo sta diventando un leader mondiale nelle fonti alternative (Vedi Financial Times 28 febbraio 2009), ed entro il 2020 prevede di produrre il 60% dell’energia elettrica da fonti alternative! Quanti posti di lavoro pulito e diffuso si creerebbero in Italia potenziando le tecnologie solari?


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