2012: ritorno al futuro (1) La rottura dell’armadio

Ritorno al futuro è una favolosa trilogia di Robert Zemeckis degli anni ’80, capace di far fantasticare intere generazioni su un tema affascinante e onirico: i viaggi del tempo. Consiglio caldamente la visione a coloro che si fossero persi queste perle cinematografiche.
Ma “Ritorno al futuro” è anche lo slogan che vorrei dare a questo 2012 che è appena iniziato.
Molti hanno definito l’anno che è appena trascorso come un anno di rivoluzioni, di cambiamenti, come lo erano stati, ad esempio, il 1945, il 1968, il 1989.
Se ci pensiamo bene in 12 mesi abbiamo assistito alle rivolte arabe, che hanno spazzato via dittature decennali e che continuano ancora oggi cercando difficilmente di compiere la lunga strada verso una democrazia più compiuta.
Abbiamo visto la prima protesta mondiale, dove persone di tutti i continenti (prevalentemente giovani), hanno riscoperto il piacere della piazza, uniti dai social network e dal desiderio di futuro, contro le diseguglianze economiche e sociali. I manifestanti in Grecia, gli indignados spagnoli, le sommosse in Inghilterra. E Israele, Portogallo, Albania, Francia, fino a superare l’Atlantico, arrivando in Cile e in America, con l’evocativo e geniale slogan : “we are the 99%”, noi siamo il 99%.
Una protesta comune, la prima generazione globale, con gli stessi problemi e le stesse preoccupazioni: non avere un lavoro, non avere un’istruzione degna, essere vittima di ingiustizie. Un filo rosso che unisce lo studente cileno, il funzionario greco, l’operaio inglese, il contadino egiziano. Democrazia e lavoro: queste le due parole che abbiamo sentito dalle Ande al Sahara, contro le enormi disparità politiche, sociali ed economiche che si sono aggravate negli anni, nascoste sotto il tappeto quando stavamo meglio, esplose adesso che viviamo una fortissima crisi.
E questa crisi tutta finanziaria si è spostata dall’America all’Europa, cambiando di fatto il nostro lessico quotidiano: spread, recessione, tasso d’interesse, bund, termini diventati familiari.
Mi viene in mente la metafora dell’armadio: quando ero più giovane e mia madre mi obbligava a sistemare la stanza prima di uscire fuori a giocare, per fare prima mettevo tutto nell’armadio, simulando una calma apparente. Questo “giochetto” ha retto fino a quando l’armadio si è rotto, riversando verso l’esterno tutto quello che avevo accumulato in maniera confusa. Rimettere a posto è stato più difficile, perché a quel punto dovevo organizzare tutto in maniera più precisa, per una migliore gestione in futuro.
Ecco, anche “l’armadio” finanziario è esploso. Anni di finanza creativa, che ha fatto fare soldi con i soldi, e non con il lavoro, hanno portato alla rottura dell’armadio. Chi doveva controllare (gli Stati) non ha fatto niente, inebriato dalla sensazione di crescita apparente. Conoscevamo i problemi, ma stavamo troppo bene per preoccuparcene. Ora c’è da lavorare il doppio e non sappiamo più come rimontare “l’armadio”. Continuare come se nulla fosse? Accettare di vivere in uno stato permanente di crisi che alimenta insicurezza e disuguaglianze?
Ecco, “ritornare al futuro” significa prendere atto della necessità di costruire nuovi modelli di sviluppo economico, sociale e umano.
Non aver paura della globalizzazione, ma cercare di sfruttarne i lati positivi (come ad esempio la facilità di comunicazione, gli scambi di buone pratiche). Eliminare le storture della finanza, partendo anche da una tassa sulle transazioni da destinare al sociale (e se lo dice Monti che da molti è detto l’uomo delle banche”…). Capire definitivamente che più del PIL è necessario valutare e ridurre il coefficiente delle diseguaglianze (di tutti i tipi, economiche, sociali, politiche). Ripensare un consumo meno sfrenato e più condiviso. Andare velocemente verso un sistema di “città intelligenti”, dove grazie al digitale e alle tecnologie verdi è possibile un forte risparmio energetico e un miglioramento consistente della qualità della vita, a partire dall’avere più tempo a disposizione per esprimere al meglio le proprie potenzialità e sviluppare gli interessi.
La risorsa tempo, la risorsa più preziosa, non è rinnovabile. Va impiegata al meglio. Il mio augurio per questo 2012 è quello di “ritornare al futuro”, ovvero abbandonare questo passato ricco di insoddisfazioni e di costruire insieme il futuro che abbiamo sempre immaginato, vivendolo già oggi.
C’è solo un modo di dimenticare il tempo che scorre: impiegarlo al meglio. (Charles Baudelaire)


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