“Pensavano fossero clandestini”. Maroni e la necessità di sparare

Le navi di Gheddafi sparano raffiche di mitragliatore a un motopeschereccio italiano in acque internazionali. Il capitano dice “abbiamo rischiato parecchio, sia di venire ammazzati che di venire incarcerati nelle tremende prigioni libiche”.  D’altra parte sono queste le regole d’ingaggio delle navi di Gheddafi. Prima sparare, poi verificare. Il ministo Maroni minimizza: “Io – spiega – immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave che trasportava clandestini.  Ma con l’inchiesta verificheremo ciò che è accaduto”.

Quello che mi ha sconvolto è la naturalezza con la quale un ministro della Repubblica afferma che “pensavano fossero clandestini”, come se fosse lecito e normale uccidere i disperati che tentano la traversata, in contrasto con ogni norma internazionale per il rispetto dei diritti umani. Un linguaggio violento e terrificante che ormai serpeggia nella politica creando danni socio-culturali enormi. Qualcosa che dovrebbe far rabbrividire ogni persona dotata di minima sensibilità. Ma la colpa è solo della Libia?

Dice Vingenzo Nigro: E’ l’Italia che sta lasciando finire fuori strada il rapporto con la Libia per la sua incapacità di gestire un leader e un governo che sono quello che tutti sappiamo essere. Le relazioni con la Libia non possono essere affidate soltanto ai gesti di teatro di Gheddafi e Berlusconi, andrebbero implementate ogni giorno con un’azione politica e amministrativa seria e rigorosa. Evidentemente le “intendenze” o sono incapaci oppure non hanno ricevuto direttive adeguate. O forse tutt’e due le cose insieme.

Non so se gli sbarchi sono davvero diminuiti, ma vale la pena ricordare come “i pericolosi clandestini” da respingere rappresentano una quota minima del fenomeno dell’immigrazione, tra il 5 e il 10% (e forse le stime sono anche gonfiate). Quello che mi preoccupa come uomo, come cittadino del mondo, è capire che fine hanno fatto questi ” pericolosi clandestini”; se vengono segregati nelle galere libiche, se vedono la loro barca affondata da una motovedetta di Gheddafi regalata dagli italiani, se vanno incontro a realtà peggiori di quelle dalle quali sono fuggiti. Come la drammatica fine di questi “pericolosi clandestini”:


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