Come sempre in ritardo rispetto alla politica nazionale anche in Consiglio Comunale abbiamo discusso sulla privatizzazione dell’acqua, un tema sempre attuale data la recente volontà di Alemanno di vendere la quota pubblica di Acea, la società che gestisce l’acqua nel Lazio.
Quando ero in Inghilterra per studio compravo sempre l’acqua in bottiglia, dato che in famiglia non c’era l’abitudine di bere dal rubinetto. Questa cosa suscitava stupore nei miei coinquilini inglesi, da anni persuasi a non comprare le inquinanti bottigliette di plastica. In effetti ben pochi in Italia bevono dalla fonte, nonostante i test chimici assicurano la bontà dell’acqua che arriva nelle case. Chiaramente è possibile che le cisterne condominiali non siano carenti da difetti, ma una caraffa che filtra è comunque necessaria per ristabilire le qualità naturali dell’acqua e sopperire ad eventuali micro – contaminazioni. Così facendo si risparmia denaro, ma soprattutto abbiamo un minor impatto ambientale, grazie al mancato utilizzo della plastica.
Questo suggerimento mi ha permesso di sottolineare l’importanza della rete idrica e di denunciare lo stato carente dell’infrastrutture attuali: perdiamo metà dell’acqua trasportata dagli acquedotti per colpa del pessimo stato delle tubature. Sono necessari investimenti elevati, ma solo parte della spesa programmata si traduce in lavori compiuti (al Sud solo il 24% ad esempio)
Privatizzare l’acqua significa cedere a una logica del profitto, che non è sbagliata, ma che oggi non si può attuare. Con tutti gli investimenti e le spese che bisogna sostenere per ammodernare la rete idrica una società privata deve per forza aumentare le tariffe per vedere qualche utile, causando un aumento del costo del servizio. E’ successo in Francia, con un sistema idrico molto più moderno del nostro, facendo riflettere Sarkozy di un’eventuale ripubblicizzazione.
Il decreto Ronchi ha una gravissima carenza: manca un’autorità che controlli le gare, gli investimenti, gli affidamenti dei lavori in-house e fa passare l’idea che l’acqua è una merce. Non sarà più possibile avere società interamente pubbliche, anche se il caso dell’Acquedotto Pugliese dovrebbe far riflettere. Controllata al 95% dalla Regione Puglia, l’azienda che gestisce una delle reti più critiche d’Italia negli ultimi due anni ha ottenuto risultati di peso. In tre anni ha investito 400 milioni, riducendo le perdite e risparmiando 40 milioni di acqua. Tra quest’anno e l’anno prossimo i pugliesi se la caveranno con un aumento di circa 70 centesimi al metro cubo, dodici euro l’anno in più per una famiglia di tre persone.
Fermare la corsa dei privati sarà comunque difficile. Il fatturato mondiale dell’acqua è una torta da 600 miliardi. Il big Veolia nel 2008 ne ha fatturati 35. Il gigante russo dell’energia Gazprom ha fatto poco più del doppio (75 miliardi) con petrolio e gas.
Nel Comune di Pisa abbiamo colto l’occasione di parlare di acqua spinti da una mozione di Rifondazione Comunista. Il testo del documento era buono e condivisibile, ma abbiamo voluto portare come gruppo delle modifiche per renderlo più efficace e rispondente alla realtà.
Il testo lo potete leggere qui, gli emendamenti presentati da me, ma condivisi dall’intero gruppo del Pd sono stati questi:
- •Incentivare meccanismi di aggregazione che portino alla costituzione di una forte ed efficiente gestione del servizio idrico toscano, soprattutto ai fini di positive ricadute tariffarie per i cittadini;
- a ridurre ogni forma di spreco durante le sessioni del Consiglio stesso e delle Commissioni attraverso l’installazione di distributori d’acqua “sfusa”;
Ora sopra i nostri banchi in Consiglio Comunale e in Commissione vengono ogni volta portate nuove bottigliette d’acqua. Molte di queste vengono aperte, svuotate di una piccola quantità e lasciate al termine della sessione semipiene. Questo spreco di acqua e di plastica può venire meno semplicemente attraverso l’installazione dei “boccioni” nei pressi della sala consiliare
“Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti, l’accesso alle acque deve essere garantito a tutti come un servizio pubblico. L’accesso all’acqua, già alla luce dell’attuale nuovo quadro legislativo e sempre più in prospettiva, se non affrontato democraticamente, secondi i principi di equità, giustizia e rispetto per l’ambiente, rappresenta una causa scatenante di tensione e conflitti all’interno della comunità internazionale. Si tratta, quindi, di una vera emergenza democratica e un terreno obbligato per autentici percorsi di pace sia a livello territoriale sia a livello nazionale ed internazionale”.
I sostenitori dell’acqua pubblica non sono rimasti a bocca asciutta.
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